Dalla piazza del Popolo lo sguardo si allunga fino alla chiesa di San Giovanni Battista e un tempo anche fino al cimitero, perché è lì che venivano seppelliti i colbordolesi. San Giovanni era la chiesa che si contrapponeva a quella di San Rocco (per diversa giurisdizione: dell’Abbadia di San Tommaso in Foglia e di un console di nomina imperiale, come era esplicitato nel vecchio stemma di Colbordolo), ma la sua importanza è cresciuta mano a mano che le altre sono scomparse. 

Nella chiesa è conservato una tela  del Pandolfi in cui si vede Colbordolo sullo sfondo. 

Vista attraverso l’arte, Colbordolo mostra particolari dettagliati (il Liverani) o visioni d’insieme (il Mingucci) ma non meno importante è il valore mitico che Giovanni Santi deve aver direttamente percepito dal paesaggio intorno alla sua terra nativa e poi trasposto nei dipinti e trasmesso al figlio Raffaello. La capacità pittorica di usare il colore ha permesso a Giovanni Santi di rendere il paesaggio presente nei suoi dipinti come la trasfigurazione di un mito che lo pervade, pur essendo soltanto uno sfondo. 

Le Muse, a cui dedica un Tempietto nel Palazzo Ducale di Urbino -  collocandolo proprio sotto lo Studiolo di Federico, a sottolineare una sorta di meccanismo che lega natura e cultura nella conoscenza e nello studio - sono il filtro attraverso cui guarda ogni elemento fisico e  attraverso cui lo rende in pittura.

Le muse non sono solo rappresentate, ma sono un concetto che diventa poi uno filtro, uno strumento di osservazione: non tanto fisico, come l’orologio del paese, ma culturale. 

Il legame tra paesaggio e arte, bellezza della natura e ricerca artistica, espressi da Giovanni Santi in modo altissimo, sono una lente per osservare il territorio di Vallefoglia, per scovare le Muse in ogni aspetto della natura, della architettura, delle rovine di guerre antiche e moderne; sembra che vengano portate dall’acqua, soprattutto quella del Foglia e dei suoi affluenti, per unire ciò che oggi sembra lontano ed estraneo e che invece aveva legami  stretti come tenuti da un nastro. Come quello dell’angelo nella predella di San Giovanni, come quello della Musa Clio di Giovanni Santi.

Leggendo in questo modo Vallefoglia, essa non è più un luogo a metà strada tra Pesaro e Urbino, ma un luogo centrale di un parco immaginario, il Parco delle Ninfe e delle Muse, che recupera la storia per guardarla con occhi contemporanei, cercando di comprendere il presente.

Le muse ispirano una riconnessione che attinge dalla natura la forza di alzare lo sguardo su orizzonti più ampi.

Il parco delle Muse e delle Ninfe è un grande percorso che propone 28 luoghi, da visitare ma soprattutto da collegare, scegliendo temi come l’acqua, le Ninfe e le Muse e il paesaggio, per rintracciare elementi di questi temi anche negli stessi luoghi, attraversandoli più volte ma partendo o arrivando al centro Giovanni Santi di Colbordolo, per conoscere meglio l’artista che suggerisce ancora oggi  come pochi altri l’idea che la semplice natura possa valere come  lente per valorizzare il  territorio.